The Keiko News – il karate (e non solo) a Torino, dall’inizio alla fine
Che cos’è?
Una nuova sezione del blog di questo sito: il “The Keiko News”: una serie di articoli dal taglio più giornalistico dedicati al nostro dojo e al mondo che vi orbita intorno. Diciamoci subito la verità: non sarà un vero e proprio giornale. Non avrà una periodicità vincolante e avanzerà un articolo alla volta. Ma in passato, da praticanti neofiti, navigavamo in rete per trovare informazioni e approfondimenti su questo mondo e collezionavamo gelosamente quelle interviste che vedevano come protagonisti i Maestri e gli agonisti di punta della FIKTA.
Oggi, forti di un’equipe di tecnici di valore indiscusso e di un parco agonisti all’interno del quale militano due membri della nazionale italiana FIKTA-ISI di kumite e diversi atleti di rilievo regionale e nazionale, abbiamo deciso di attingere ai “tesori nascosti” del nostro dojo per dare il nostro (piccolo) contributo.
Mondiali di karate tradizionale WSKA 2023 – la voce dei nostri
E con che cosa avremmo dovuto iniziare se non con L’EVENTO appena passato? Naturalmente parlo del mondiale di karate tradizionale WSKA svoltosi in Portogallo alla fine di settembre che ha visto la delegazione italiana FIKTA-ISI capitanata dai Maestri Silvio Campari e Pasquale Acri conquistare il secondo posto del medagliere, subito dopo i padroni di casa.
Ecco, all’interno della squadra nazionale maschile di kumite (composta da 8 atleti in tutta Italia) c’erano ben due dei nostri agonisti: Sergio Pretta (classe 1998 e membro di lunga data della squadra nazionale) e Christian Bovo (classe 2005, al suo esordio in questa prima competizione internazionale). Abbiamo deciso di intervistarli al loro rientro in palestra, ecco quel che ci hanno raccontato:
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Christian Bovo
- Quanti anni hai e quanti di pratica? Perché hai scelto di iniziare karate?
Ho 18 anni e pratico karate da quando ne avevo 8, quindi sono 10 anni che mi dedico a questa arte marziale. Scelsi di iniziare insieme a mia sorella perché venni attratto principalmente dalla curiosità: avevo sempre visto mio padre praticare e insegnare e volevo provare anche io.
- Sei approdato giovanissimo alla Nazionale, com’è stato l’impatto?
Il mio primo allenamento nella Nazionale lo feci, in realtà, il 22 gennaio del 2022. In quell’occasione devo ammettere che l’impatto non fu positivo perché era un periodo dove trovavo difficile dedicare più tempo di quanto già non dessi alla pratica, conciliando il tutto con lo studio: il livello della nazionale è altissimo e ho capito subito che sarebbe stato necessario dedicare molto tempo agli allenamenti per dimostrarmi all’altezza dell’opportunità che la Federazione era disposta ad offrirmi. Fortunatamente, dopo un periodo di stop nel quale riuscii a riorganizzarmi, ricominciai con gli allenamenti e la Nazionale mi riaccolse nella sua famiglia una seconda volta, permettendomi di vivere questa esperienza con altri occhi, con altri amici che mi supportano e soprattutto permettendomi di crescere tanto.
- Il tuo Maestro, in palestra, è anche tuo padre, come vivi questa doppia veste? È un aiuto o un’arma a doppio taglio?
Per una parte della mia vita questo fattore di mio padre/allenatore/Maestro mi ha turbato perché sentivo che il percorso che stavo facendo non era per me, ma per accontentare lui. Dopo averne discusso in casa sono arrivato a una conclusione e sono riuscito a mettere a fuoco ciò che mi piaceva e perché lo facevo, ritrovando motivazioni che fossero propriamente mie. Da quel momento, ciò che prima vivevo come un lato negativo si è rivelato essere un fattore di grande miglioramento: poter ricevere consigli più approfonditi in intimità tra padre e figlio di cosa ad esempio potessi fare in allenamento per migliorare o anche discutere del motivo per cui una specifica gara non era andata nel modo in cui avrei desiderato, sono piccoli particolari estremamente preziosi che mi si sono rivelati, molto più di quanto pensassi.
- Com’è il tuo rapporto col resto della squadra nazionale? E con il Maestro Campari?
Io sono da poco entrato in questa famiglia e vorrei partire proprio da questo: quando io o un mio compagno di squadra la definiamo “famiglia”, non è uno slogan, è una realtà, rarissima, ma preziosa, che i miei compagni più esperti e il Maestro Campari hanno saputo costruire. Sin da subito mi hanno accolto a braccia aperte permettendomi di vivermi questa realtà con serenità. In particolare, grazie a quest’ultima esperienza [i mondiali WSKA 2023 in Portogallo ndr.] ho avuto modo di poter stringere legami forti con gli altri ragazzi che mi hanno accompagnato condividendo fatiche, sorrisi, pianti e risate. Dal primo all’ultimo mi sento di ringraziarli e in particolare di ringraziare il Maestro Silvio che, oltre ad essere riuscito a stabilire una zona di comfort tra noi ragazzi, si è subito presentato a noi come un grande allenatore e, ancor prima, veramente come una bella persona
- Cosa consiglieresti a un giovane preagonista?
Ciò che consiglierei ad un giovane preagonista? Mi viene difficile rispondere: ho ancora tanta esperienza da fare e non mi sento nella posizione di dare consigli, ma una cosa c’è: viviti l’esperienza di ogni momento di pratica e non farti abbattere se magari quell’allenamento o quella gara in particolare che speravi di vincere sono andati male. Sei all’inizio di un lungo percorso decisamente in salita ma che ti permetterà di crescere tanto e provare emozioni e soddisfazioni che difficilmente vivresti in una vita senza questo tipo di obiettivi.
- Arriviamo al clou: mondiali WSKA 2023 in Portogallo. La tua prima esperienza internazionale, da più giovane della tua categoria (primo anno di juniores) hai raggiunto un eccellente 9^ posto (su circa 40 atleti) scontrandoti con Bradley Barker, fino a quel momento campione in carica e, in questa edizione, finalista. Com’è stato l’impatto con un livello di kumite così alto? Cosa hai “rubato” da quest’esperienza estera da riportare a casa?
Ciò che mi sento di rubare da questa esperienza è il modo di vedere le gare, gli allenamenti e in primo luogo la gestione delle emozioni. Una cosa che son sicuro è stata e sarà fondamentale (che sia in ambito sportivo o no) è la gestione dell’ansia e della paura.
Dal primo raduno il Maestro Campari ci ha dato un compito, ossia di ripeterci questa frase: “La paura bussa, il coraggio va ad aprire e non trova nessuno“. Frase che, una volta entrata in testa e diventata tua, ti permette di affrontare situazioni “difficili” con occhi diversi. L’ansia, anche lei inizialmente vista come acerrimo nemico, si è rivelata non essere effettivamente così tanto malvagia. È più che normale che ci sia e sarebbe strano il contrario, ma è in quei casi che devi fare grandi respiri profondi e accettarla non andandola a contrastare.
Per quanto riguarda i ragazzi incontrati in gara, beh si il livello è altissimo, ma – come insegna la nostra arte marziale – non è nulla di irraggiungibile: basta allenarsi di più. Bradley Barker era tosto, lo ammetto senza riserve, ma sono sicuro che ora che ho avuto modo di incontrarlo e conoscerlo, se avrò di nuovo l’occasione di affrontarlo farò in modo di avere tutte le carte in regola per poter vincere.
- Sei solo all’inizio di un percorso, ma hai già dimostrato un grande talento, c’è qualcuno che vuoi ringraziare?
Chi vorrei veramente ringraziare oltre a tutti i membri della Nazionale e la mia famiglia, sono i ragazzi della mia palestra, la Keiko Club Torino con cui sto crescendo e con i quali crescerò ancora e anche i miei amici al di fuori della palestra che hanno creduto tanto in me e che mi hanno permesso di partire per i mondiali con una carica e un’energia trasmesse anche da loro.
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Sergio Pretta
- Quanti anni hai e quanti di pratica? Perché hai scelto di iniziare karate?
Attualmente ho 24 anni, quasi 25, e pratico karate da circa 16 anni. Inizialmente la mia scelta è stata abbastanza casuale, volevo provare un nuovo sport e il dojo era vicino a casa mia, un’occasione perfetta
- Il tuo palmares è già di tutto rispetto (diversi podi nazionali e internazionali oltre all’indimenticabile 1^ posto, nel 2019, agli Europei ESKA di karate) e, anche se sei giovanissimo, per la nazionale sei (quasi) un veterano. Cosa pensi delle nuove leve? Hai qualche consiglio per tutti gli agonisti che bramano la nazionale?
Abbiamo la fortuna di avere delle ottime e promettenti nuove leve nel panorama nazionale. Ragazzi che dimostrano quotidianamente di avere le carte in regola per portare in alto l’Italia a livello internazionale. Un consiglio per chi punta ad entrare in nazionale è allenarsi tanto e bene, so che sembra scontato ma sul lungo periodo è quello che fa la differenza: quante volte si va nel dojo e ci si allena per “dovere”, ma senza attenzione ed intenzione? Il miglioramento non arriva solo grazie alla quantità degli allenamenti. Mi capita di sentire molti atleti che vantano ore e ore di allenamento, ma il punto non è solo quello: quante di queste ore sono “vissute” momento per momento? Quanta analisi c’è dietro ai propri errori?
Abbiamo la fortuna di avere ottimi tecnici, ma non basta: una gran parte del lavoro lo deve fare l’atleta, proprio su se stesso.
- Com’è il tuo rapporto col resto della squadra nazionale? E con il Maestro Campari?
Il Maestro Campari ha fatto un ottimo lavoro con la squadra nazionale, sia a livello tecnico che come costruzione del gruppo. Ognuno di noi ha un ottimo rapporto con gli altri e di rispetto reciproco, fondamentale per permettere a tutti di crescere e proseguire al meglio il proprio percorso.
- Mondiali WSKA, parliamo del kumite: è un contesto difficile, da sempre estremamente sfidante e di grandissimo livello. Se ti chiedessi di confrontare il kumite di casa con quello che si trova fuori, quali differenze riscontri? Cosa abbiamo in più rispetto alle altre nazioni e cosa pensi che potremmo potenziare?
Non credo ci sia una differenza sostanziale nel modo di combattere che abbiamo noi rispetto all’estero. Il livello è sicuramente altissimo ma il karate del Maestro Shirai che pratichiamo in Italia con la FIKTA ha già dato prova del suo grande valore e con tutta la squadra Nazionale abbiamo dimostrato che siamo in grado di arrivare a podio: individualmente e a squadre, junior e senior, maschile e femminile. Sicuramente la possibilità di fare più o meno gare internazionali durante l’anno ha un peso poiché abitua corpo e testa a quel tipo di competizioni. Esperienza che non tutte le nazioni hanno la possibilità di fare.
- Hai ancora tanti anni di gare davanti, ma hai già dimostrato il tuo valore sul campo in diverse occasioni, c’è qualcuno che vuoi ringraziare?
Sicuramente la prima persona che mi viene in mente è il Maestro Daniele Bovo, il mio allenatore da quando sono piccolo e che mi ha praticamente cresciuto, devo a lui tantissimo di ciò che ho imparato. In secondo luogo, non posso non menzionare il Maestro Campari, mi ha aiutato molto a crescere tecnicamente e ha creduto in me convocandomi nella squadra nazionale nel 2018. Un ulteriore ringraziamento lo devo ai miei compagni di allenamento e alla mia famiglia per avermi aiutato nei momenti più di difficoltà non facendomi mai sentire solo.
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